LA RELAZIONE MENTE-CORPO: due esempi

Per molti anni mente e corpo sono state considerate due realtà distinte. Oggi sappiamo che l’uomo deve essere considerato in termini olistici: mente, corpo ed emozioni sono strettamente interconnesse e si influenzano a vicenda. Da Cartesio in poi, infatti, l’uomo è stato “suddiviso” in due realtà distinte: il corpo e la mente. Il corpo si riferisce alla realtà fisica, tangibile mentre la mente ad una realtà astratta, psichica.

Oggi, grazie al contributo delle neuroscienze e della psicologia, sappiamo che mente e corpo sono realtà strettamente interconnesse; il superamento di questa concezione dualistica, ci porta a riflettere su come le emozioni, la psiche e il corpo si influenzano a vicenda. Quado pensiamo al benessere, dobbiamo declinarlo sia dal punto di vista corporeo che mentale.

Un esempio di questa stretta interconnessione è la sindrome del cuore infranto, identificata da un gruppo di ricercatori Giapponesi, i quali hanno messo in evidenza come a seguito di un dolore molto forte, per esempio quando si perde una persona cara o finisce una relazione importante, il nostro corpo reagisce provocando una sintomatologia simile a quella di un comune infarto: difficoltà nella respirazione, svenimento, alterazioni nel battito cardiaco. Elevati livelli di stress, nei termini di ormoni come ad esempio la noradrenalina, possono causare nel corpo questa sintomatologia.

È bene inoltre tenere a mente che l’intestino è considerato il nostro secondo cervello: contiene milioni di cellule e fibre neuronali che costituiscono un vero e proprio sistema nervoso autonomo. L’intestino è in grado di elaborare stimoli interni al corpo ed esterni interagendo con il sistema nervoso centrale e determinando lo stato di benessere psico-fisico dell’individuo. Se consideriamo ad esempio la depressione, una malattia del tono dell’umore, possiamo identificare segni e sintomi ben visibili sul corpo.

I soggetti depressi tendono ad assumere una posizione ricurva, con la testa incassata nelle spalle e le pupille rivolte verso il basso. Ma non solo, in presenza di una sintomatologia depressiva, è bene indagare il funzionamento dell’intestino, in quanto è coinvolto nella secrezione di un ormone chiamato serotonina e particolarmente coinvolto nei disturbi dell’umore.

Nel caso specifico della depressione, si riscontra una carenza della serotonina e le cure farmacologiche hanno l’obiettivo di aumentare la produzione di questo ormone. Questi sono alcuni degli esempi di come mente e corpo siano strettamente interconnessi; le emozioni non devono essere intese solo come fenomeni psichici ma come ormoni e neurotrasmettitori che hanno un impatto diretto sul corpo e sul funzionamento dell’organismo.

Paura di essere lasciati dal partner: cosa NON fare

La paura che una relazione finisca è piuttosto comune, ma quanto questa paura influisce negativamente sulla relazione stessa e sul benessere individuale e di coppia?

Chi teme di essere abbandonato dal partner, generalmente sperimenta alti livelli di ansia in una relazione sentimentale. Il timore di rimanere soli, può portare a ricercare costantemente rassicurazioni, dimostrazioni di affetto e di fedeltà che a lungo andare logorano la relazione stessa. Tra i comportamenti poco funzionali che possono essere messi in atto per far fronte al timore di essere lasciati dal partner, vi sono sicuramente i comportamenti di controllo: può capitare che sentiate il bisogno di controllare il telefono, le mail o l’agenda del vostro partner, alla ricerca di qualsiasi indizio che possa svelare una sua eventuale perdita di interesse. Oppure potreste essere eccessivamente preoccupati per il vostro aspetto fisico, volete mostrarvi al partner solo nella vostra forma fisica migliore e manifestando un comportamento impeccabile. O ancora, vi dichiarate sempre d’accordo anche quando non lo siete, per paura che la discussione possa degenerare o che veniate respinti per aver espresso un pensiero diverso.  Il vostro comportamento può oscillare tra la paura di essere lasciati e la gelosia acuta, che comporta un’attenta ricerca di tutti gli eventuali indizi che svelino l’interesse del vostro partner nei confronti di un’altra persona. A volte può capitare che durante una discussione, siate voi stessi a lasciare il partner per evitare che sia lui a prendere la decisione per primo, anche se non è quello che davvero desiderate ma che in fondo vi permette di non confrontarvi con la reale possibilità di essere lasciati (in sostanza interrompere la relazione prima che lo faccia il partner permette all’individuo di sapere cosa sta accadendo, invece che accettare di vivere nell’incertezza di poter essere lasciati, prima o poi, dal partner).  

Questi comportamenti non fanno altro che alimentare la preoccupazione di essere lasciati e quindi di rimanere da soli. Infatti spesso si utilizza una modalità di pensiero “distorta” che porta a vedere tutto nero, a non essere obiettivi e a ragionare in maniera poco corretta. Tra le più comuni distorsioni cognitive che alimentano le preoccupazioni vi sono:

  1. La lettura del pensiero, ossia presumere di sapere che cosa pensi il partner senza avere prove sufficienti di quello che ha in mente – [non si può leggere nella mente altrui!]
  2. Predire il futuro, ossia prevedere esiti futuri negativi o comunque un peggioramento della situazione – [sicuramente mi lascerà]
  3. Pensiero catastrofico, convinzione che ciò che accadrà sarà così terribile da non poterlo sopportare – [se mi lasciasse e mi ritrovassi da solo/a sarebbe terribile]
  4. Personalizzazione, ossia la tendenza ad attribuirsi una dose eccessiva di colpa senza considerare che in alcuni casi la responsabilità è anche degli altri – [se abbiamo litigato è sicuramente colpa mia]

Se vi ritrovate in quanto detto fino ad ora, ecco una breve lista di comportamenti che è meglio evitare per gestire al meglio la preoccupazione di essere lasciati dal partner, così da favorire il benessere individuale e di coppia.

COMPORTAMENTI DA EVITARE

  1. Cercare le prove che il partner stia perdendo interesse per voi
  2. Dichiararsi sempre d’accordo per non inimicarsi il partner
  3. Rinunciare ai propri bisogni e desideri
  4. Voler avere un aspetto e una forma sempre smagliante
  5. Cercare indizi che svelino un interesse del vostro partner nei confronti di un’altra persona
  6. Accelerare la fine di una relazione per evitare di essere lasciati per primi

8 SUGGERIMENTI PER UNA BUONA CONVIVENZA

Sappiamo quanto sia importante per ognuno di noi avere i propri spazi e dei momenti da dedicare solo a se stesso; il segreto delle coppie che funzionano è proprio questo: coltivare una dimensione personale non necessariamente condivisa con il partner o con i figli, preservare la propria individualità e percepirsi come singolo e non solo come membro di una coppia o di una famiglia. Non siamo solo padre o madre, compagno o compagna, ma siamo uomini e donne che hanno la necessità di avere il proprio spazio, di coltivare i propri interessi e le proprie passioni.

Ora, l’arrivo del coronavirus ha richiesto un cambio di abitudini e ha costretto molte famiglie ad una convivenza forzata. Anche se rientrate tra le famiglie meglio assortite, percepire la convivenza come obbligo e non come scelta, può rappresentare una fonte di disagio e irrequietezza e portare ad un aumento delle discussioni e dei conflitti in famiglia e nella coppia. Ecco allora alcuni suggerimenti per una buona convivenza:

#1 PRENDETEVI DEL TEMPO PER VOI STESSI

Ritagliatevi durante la giornata del tempo da dedicare solo a voi stessi, prendendovi cura di voi o dedicandovi ad un’attività piacevole. Coltivate il vostro hobby o createvene uno, scrivete un diario, disegnate o colorate, leggete un libro. Cimentatevi in un’attività artistica, ascoltate musica, cantate sotto la doccia, scrivete una canzone o una poesia. Ritagliatevi del tempo di qualità per voi stessi e vivetelo senza sensi di colpa!

#2 CREATE UNO SPAZIO SOLO VOSTRO

Create uno spazio in casa che possa essere solo vostro come una stanza o una parte della stanza (una sedia, una poltrona). Uno spazio riconoscibile, un luogo sicuro dove poter trascorrere del tempo in serenità e tranquillità

#3 LASCIATE ALL’ALTRO TEMPO E SPAZIO

Sia che si tratti del partner, sia che si tratti dei vostri figli lasciate agli altri tempo e spazio per se stessi. Come voi, anche loro hanno bisogno di poter trascorrere e impiegare del tempo solo per se stessi in serenità e tranquillità. Anche se può risultare difficile quando si convive forzatamente dentro le stesse mura, è fondamentale rispettare i confini e non invaderli; se vostro figlio adolescente si chiude in camera, probabilmente ha bisogno di uno spazio e un momento per sé, quindi rispettatelo!

#4 DIVIDETE I COMPITI

Specialmente nelle famiglie con figli, ma non solo, diventa importante dividersi i compiti, sia quelli domestici che quelli che riguardano la cura dei figli. Se non siete abituati a questa condivisione, sedetevi a tavolino e mettetevi d’accordo. Potrebbe essere utile e divertente creare un calendario dove assegnare i compiti a ciascun membro della famiglia, coinvolgendo anche i figli dai più grandi ai più piccoli.

#5 TROVATE ATTIVITÀ DA FARE INSIEME

Passare del tempo insieme è sicuramente un’occasione per conoscersi meglio e divertirsi; trovate un’attività divertente da fare in famiglia o nella coppia, rispolverate i giochi da tavolo, sfidatevi con divertimento e curiosità. Specialmente per bambini e ragazzi queste possono essere occasioni per dedicarsi a giochi più tradizionali, prendendosi una pausa da dispositivi come tablet e cellulari.

#6 FATE ATTIVITÀ FISICA

Sappiamo tutti quali sono i benefici dello sport e anche se non è possibile correre al parco o andare in palestra, si può svolgere attività fisica comodamente da casa. Si possono fare semplici esercizi o utilizzare attrezzature se a disposizione. Datevi degli obiettivi e provate raggiungerli.

#7 SIATE POSITIVI

Nella frenesia della nostra vita quotidiana quanto spesso ci lamentiamo di non avere abbastanza tempo, siamo troppo presi dal lavoro per riuscire a dedicarci pienamente ai nostri figli o il tempo a disposizione sembra non bastare mai per dedicare qualche minuto a noi stessi e alla cura del nostro corpo e della nostra mente. Sfruttiamo questo momento per stare di più con i nostri figli, per conoscere meglio il/la nostro/a partner e per far conoscere -e conoscere meglio- noi stessi!

#8 COMUNICATE

Parlate e comunicate, condividete timori e paure. Non abbiate timore di dire come state, parlarne può farvi star meglio. Siate sinceri con voi stessi e con gli altri, rassicuratevi ma non negate o minimizzate ciò che state provando. Lo stesso vale per chi ha figli: accogliete le loro preoccupazioni, chiedetegli di raccontarvi delle loro paure o fategliele disegnare.

AIUTO! MIO FIGLIO SI ARRABBIA: L’EMOZIONE DI RABBIA NEI BAMBINI

Quando i bambini si arrabbiano, spesso i genitori si sentono impotenti e disorientati. Si trovano impreparati davanti alle manifestazioni di rabbia dei propri figli, niente sembra riuscire a calmarli. Ma cos’è la rabbia? Da cosa può nascere e quali cambiamenti corporei produce? Innanzitutto la rabbia, contrariamente a quanto si è soliti pensare, è un’emozione salutare con una importante funzione adattiva. Non deve essere considerata come la mela marcia delle emozioni, anzi; la rabbia è un’emozione di base, innata e comune a tutti gli individui. È una spinta, una forza in grado di determinare un cambiamento ed è soprattutto una fondamentale risposta di sopravvivenza che ci consente di reagire istintivamente alle situazioni che rappresentano una minaccia e un pericolo.

La rabbia è quell’emozione che nasce quando siamo in presenza di un ostacolo che non permette di raggiungere un obiettivo, preparando il nostro corpo ad agire e reagire per fronteggiare tale ostacolo. Lo stomaco si contrae per lasciare affluire più sangue ai muscoli che si contraggono preparandosi all’azione. Come tutte le emozioni, la rabbia deve essere intesa come una tensione che si accumula nel corpo e che deve necessariamente trovare una via di uscita. Quindi, ciò che bisogna imparare a controllare è la manifestazione della rabbia. Imparare a gestire la rabbia, sia nei bambini che negli adulti, significa comprendere che questa emozione non deve essere vissuta come un’esperienza spaventosa, imprevedibile o soverchiante, ma come una spinta produttiva e salutare.

Per gli adulti la sfida sta nell’aiutare i bambini a sviluppare le capacità fondamentali per regolare le proprie emozioni autonomamente. Infatti, uno dei principali compiti evolutivi che un bambino è chiamato a svolgere sin dalla più tenera età è quello di instaurare un sistema efficace di regolazione delle emozioni, diventando capace di calmarsi da solo senza che le emozioni prendano il sopravvento. Durante la primissima infanzia, questo processo è agevolato da cure genitoriali sensibili e consapevoli.

Le interazioni tra il neonato e coloro che si prendono cura di lui, influenzano il delicato equilibrio chimico e la struttura neurologica del cervello del neonato nel suo rapido sviluppo. Un genitore in sintonia con le emozioni del proprio figlio, gli offre automaticamente quel conforto che permette al suo sistema di regolazione delle emozioni di svilupparsi e di funzionare efficacemente. Se questo processo è inibito, possono invece prodursi conseguenze spiacevoli: se il pianto del bambino viene continuamente ignorato, lo stress che ne deriva implica un aumento dei livelli di cortisolo che nei primi mesi di vita può incidere negativamente sullo sviluppo di altri sistemi di neurotrasmettitori, con la conseguenza di rendere più difficile la regolazione delle proprie emozioni. Le emozioni quindi sono tensioni interne che hanno necessità di trovare una via di uscita.

Nei bambini è il corpo il mezzo principale con cui si esprimono le emozioni. Infatti, non hanno ancora raggiunto una piena dimestichezza nel regolare le emozioni e nel dar loro un nome, ossia hanno un ridotto lessico emotivo e una ridotta capacità di verbalizzazione.

Non potendo quindi esprimersi pienamente a parole, il corpo diventa il principale strumento di espressione emotiva. Inoltre, nei bambini piccoli il cervello razionale, ossia quella parte del cervello che racchiude strutture adibite alla regolazione del comportamento e quindi all’autocontrollo, non è ancora pienamente sviluppato. Per cui controllare il proprio comportamento a fronte di una tensione emotiva interna, è un compito difficile data la presenza di strutture anatomo-fisiologiche ancora in pieno sviluppo. Nel prossimo articolo parleremo di come possiamo aiutare i bambini a gestire le manifestazioni di rabbia.

LA GESTIONE DELLA RABBIA NEI BAMBINI: COME POSSIAMO AIUTARLI?

Nel precedente articolo abbiamo parlato di che cosa sia l’emozione di rabbia, da cosa può nascere e quali cambiamenti corporei comporta. Ma come possiamo aiutare i bambini a gestire le manifestazioni di rabbia? Innanzitutto, è fondamentale lasciare che il bambino possa sfogarsi e liberare la tensione emotiva attraverso il corpo; contenere o impedire al bambino di muoversi può avere un effetto controproducente. In una condizione di sicurezza, è bene permettere al proprio figlio di correre, saltare, lanciare a terra un cuscino, ossia compiere movimenti fisici che consentano uno scarico adattivo e funzionale della tensione emotiva interna.

Allo stesso modo coccole e abbracci, un contatto positivo tra il genitore e il suo bambino, favorisce il rilascio di ormoni, come l’ossitocina e la serotonina, che determinano nel bambino sensazioni di conforto e sicurezza, abbassando i livelli di cortisolo (ormone dello stress). Quindi, quando possibile e se il proprio figlio lo consente, è bene tenere a mente che coccole e abbracci accompagnati da parole dolci, hanno un effetto calmante sul bambino. Per quanto spesso possa risultare difficile, è caldamente sconsigliato rispondere alla rabbia con la rabbia, così come alzare la voce o punire il proprio figlio per queste sue manifestazioni emotive.

Tali comportamenti aumentano la produzione di noradrenalina (ormone dello stress) e favoriscono un comportamento oppositivo nel bambino; rinforzano la rabbia e innescano nel bambino meccanismi che amplificano una percezione negativa di sé. Durante le manifestazioni di rabbia, è importante per il bambino avere accanto a sé il proprio genitore, la cui presenza comunica che lo rispetta e comprende il suo stato d’animo, accettando anche quell’emozione così poco piacevole. Quando il proprio figlio si è calmato, è bene parlare di cosa è successo e cosa ha innescato la rabbia, poiché favorisce nei bambini le capacità di ascolto di sé e delle proprie emozioni. La rabbia è un’emozione che va legittimata: i bambini devono capire che l’espressione della rabbia è legittima e che, come tutte le altre emozioni, non deve essere inibita, ma ascoltata e gestita.

Possiamo quindi affermare che il modo in cui i bambini vivono ed esprimono la rabbia è determinato sia dal loro livello di sviluppo sia dai modelli familiari e dalle esperienze passate. Con il crescere i processi mentali del bambino e la sua capacità di valutazione delle varie situazioni cominciano a svolgere un ruolo più rilevante nell’interpretazione e regolazione delle emozioni. Quando si trova in uno stato di eccitazione, come nel caso della rabbia, ne cerca una spiegazione nel suo ambiente immediato, attingendo anche agli eventi passati e ai suoi ricordi emotivi. Nonostante siano largamente inconsci, i collegamenti che il bambino effettua possono ispirare le sue reazioni presenti.

Ad esempio, passate esperienze spiacevoli o incontrollate di sentimenti di rabbia possono accrescere la sua eccitazione fisiologica e intensificandone l’esperienza emotiva. Da qui l’importanza di aiutare i propri figli a gestire e regolare le proprie emozioni, promuovendo la capacità di vivere l’esperienza emotiva come qualcosa che può essere gestito e non come esperienza soverchiante.